Domande, interessate e pertinenti, sempre in canna. Telefonino immancabilmente alla mano, pronto per selfie, video e tweet d'ordinanza. E poi, nel caso del dottor Josh Owens, pure la reflex al collo, perché fare foto è una roba seria, oltre che una passione. I giocatori della Dolomiti Energia Trentino si sono presentati così alla loro visita guidata alla sede Cavit di Ravina, programmata in una delle loro rare mattinate libere da allenamenti.
LA VISITA Invitati da Enrico Zanoni, direttore del consorzio vitivinicolo di secondo grado che da questa stagione è top sponsor di Aquila Basket, e dal direttore marketing Giovanni Negri, Toto Forray e compagni hanno potuto toccare con mano come Cavit abbia potuto diventare, nel corso degli anni, un vero e proprio fiore all'occhiello non solo per il mondo della cooperazione trentina, ma anche per l'intero settore vitivinicolo nazionale. Dopo una presentazione generale del consorzio, i giocatori e lo staff tecnico bianconero hanno visitato una delle linee di produzione e imbottigliamento dello stabilimento di Ravina, passeggiando poi tra botti e barrique per completare infine il loro giro nel magazzino di stoccaggio a gestione automatizzata.
LE DOMANDE A interessare i giocatori bianconeri sono state sia le fasi di produzione e confezionamento delle diverse tipologie di vino messe sul mercato da Cavit, che le strategie commerciali e organizzative del consorzio. “Visto che sul mercato americano finisce circa il 70% del vostro export, avete mai pensato alla creazione di uno stabilimento produttivo negli Stati Uniti?” ha chiesto Owens, da perfetto laureato in Economia.
“No, sostanzialmente perché uno dei punti di forza del nostro prodotto è la sua italianità - ha risposto Zanoni –. Però recentemente è stata operata una acquisizione in Germania e perciò non possiamo escludere, qualora se ne presentasse l'occasione, di poter ragionare su una operazione simile anche negli Stati Uniti. Al momento però non è previsto nulla del genere dal nostro piano industriale”. “Come vengono effettuate le esportazioni di vino oltreoceano?” ha invece chiesto Davide Pascolo. “In aereo costerebbe troppo – ha spiegato Zanoni -. Le consegne vengono fatte via nave, alla luce del fatto che il prodotto non ha problemi di scadenza e che la nave è certamente il mezzo più economico. Considerate che, ad esempio, muovere per nave il nostro vino dal porto di Livorno a quello di New York costa meno del trasporto poi necessario da New York a Minneapolis, tanto per fare un esempio”. Marco Spanghero , visto l'imponente volume d'affari di Cavit (158,5 milioni di euro di turnover), si è invece chiesto a quanto ammontasse l'utile annuo realizzato da Cavit. “Per un consorzio cooperativo il fine non è il lucro – ha spiegato Negri a “Spongi” -. Una volta garantite ai soci le remunerazioni previste per i loro conferimenti, le somme rimanenti vengono invece reinvestite nell'impresa”. Tony Mitchell invece, dopo aver conosciuto da vicino l'attività di Cavit in occasione del Vinitaly, si è interessato di botti, barrique e linee di imbottigliamento necessarie alla produzione dei prodotti di punta delle linee Cavit.
Toto Forray infine, saputo che tra i mercati di esportazione di Cavit non c'è l'Argentina, ha scherzato: “Potrei facilitare l'esportazione di vino trentino nel mio paese”. A fine mattinata, piccolo buffet, quattro chiacchiere in compagnia dello staff di Cavit, e poi una bottiglia di Altemasi per tutti prima di tornare alla realtà quotidiana degli allenamenti in vista della gara di domenica contro l'Acea Roma.